Hayabusa Reiki Dojo

DŌJŌ

HAYABUSA REIKI DŌJō

Hayabusa

È il falco pellegrino, animale totem [1] / “daimon” [2] del fondatore. Il falco è il messaggero degli altri animali totem, ha il potere di comunicare la volontà della Divinità. Il falco pellegrino come pioniere, cosmopolita, migratore di lungo corso, nomade, incarnazione divina, pura immagine di potere, nobiltà, intelligenza, abilità eleganza e bellezza, è archetipo dei faraoni. Le sue doti di chiaroveggenza, visione, sapienza, consapevolezza, e tutela, lo rendono messaggero di transizione e cambiamento, e latore di lezioni da applicare alla propria vita e ricerca interiore.


Reiki

È la via spirituale ed olistica da noi seguita e insegnata: crediamo che ci siano stati dati tutti gli strumenti per prenderci cura autonomamente della nostra ed altrui energia e guarigione naturale. Crediamo che sia solo per tramite di un percorso di crescita personale e spirituale che si possa diventare auto consapevoli e veramente parte della comunità dei credenti dell’Onnipotente. Ad oggi è ormai chiaro a tutti, che siano assolutamente ed estremamente validi i detti “conosci te stesso” e “aiutati che il ciel ti aiuta”. Mai come ora, non è più il caso di delegare ad altri il proprio potere, benessere ed evoluzione e l’unico modo che ci è dato per fare la volontà dell’Onnipotente su questo Regno di Dio sulla terra, novello paradiso terrestre apertoci dal sacrificio ed Amore divino che tutto anima e pervade, è quello di armonizzare corpo, cuore e mente con la Realtà Universale. 

La via del Reiki insegna proprio questo, Spirit of Oceana non si concentra solo sull’aspetto fisico materico, ma principalmente su quello più strettamente spirituale agendo contemporaneamente sullo spirito e di conseguenza mente e corpo. Reiki aiuta a ristabilire l’equilibrio originario che è venuto meno. Non lavorando soltanto sul sintomo ci viene permesso di riprendere contatto e coscienza di noi stessi e del nostro potere. La guarigione fisica, quindi, non è altro che un effetto collaterale della Guarigione Spirituale.


Dōjō

(道場 dōjō, lett. "luogo (場 jō) dove si segue la via (道dō)") è un termine giapponese che indica il luogo dove si svolge la pratica delle arti marziali. In origine il termine, ereditato dalla tradizione buddhista cinese, indicava il luogo in cui il Buddha ottenne il risveglio e per estensione i luoghi deputati alla pratica religiosa nei templi buddhisti. [riferimento circolare, vedasi Accademia in senso antico…] Il termine venne poi adottato nel mondo militare e nella pratica del bujutsu, che durante il periodo Edo fu influenzata dalla tradizione Zen, ragione per la quale è a tutt'oggi diffuso prevalentemente nell'ambiente delle arti marziali.

Caratteristiche: Nel budō (武道lett. "la via (道 dō) della guerra (武 bu)"), il dojo è lo spazio in cui si svolge l'allenamento ma è anche simbolo della profondità del rapporto che il praticante instaura con l’arte [marziale]; tale ultimo aspetto è proprio della cultura buddhista cinese e giapponese, che individua il dojo quale luogo dell'isolamento e della meditazione.

I dojo erano spesso piccoli locali situati nelle vicinanze di un tempio o di un castello, ai margini delle foreste, in modo tale che i segreti delle tecniche venissero più facilmente preservati e di poter essere a contatto diretto con la natura più selvaggia. Con la diffusione delle arti marziali sorsero numerosi dojo che venivano in molti casi considerati da maestri e praticanti una seconda casa; abbelliti con lavori di calligrafia e oggetti artistici preparati dagli stessi allievi, essi esprimevano appieno l'atmosfera di dignità che vi regnava; talvolta su una parete veniva posto uno scrigno, simbolo che il dojo era dedicato ai più alti valori e alle virtù del dō, non soltanto all'esercizio fisico. In altri dojo si trovavano gli altari detti kamiza (sede degli dei), riferiti non a divinità specifiche ma quasi come lari famigliari, al ricordo di un grande maestro defunto. Il dojo rappresenta un luogo di meditazione, concentrazione, apprendimento, amicizia e rispetto, è il simbolo della "via" dell'arte[marziale].

In Occidente questo termine viene impropriamente tradotto in palestra e inteso essotericamente come spazio per l'allenamento, mentre nella cultura orientale il dojo è il luogo nel quale si può raggiungere, seguendo la "via", la perfetta unità tra zen (mente) e ken (corpo) e, quindi, il perfetto equilibrio psicofisico, massima realizzazione della propria individualità. Il dojo è la scuola del sensei (persona nata prima): egli ne rappresenta il vertice e sue sono le direttive e le norme di buon andamento della stessa; oltre al sensei possono esserci altri insegnanti, suoi allievi, e i senpai (allievi più anziani di grado) che svolgono un importante ruolo: il loro comportamento quotidiano rappresenta l'esempio che deve guidare gli altri praticanti i kōhai (allievi più giovani o di grado inferiore); ecco quindi perché quando un senpai non si cura del proprio comportamento diventa un danno per tutta la scuola.

Nessun allievo avanzato prende dal dojo più di quanto esso non dia a sua volta: il dojo non è semplice spazio ma anche immagine di un atteggiamento, i dojo della "via" si differenziano in questo aspetto dai normali spazi sportivi: l'esercizio fisico può anche essere il medesimo ma è la ricerca del giusto atteggiamento che consente di progredire. L'allievo entra nel dojo e deve lasciare alle spalle tutti i problemi della quotidianità, purificarsi la mente e concentrarsi sull'allenamento per superare i propri limiti e le proprie insicurezze, in un costante confronto con sé stesso.

Il dojo è come una piccola società, con regole ben precise che devono essere rispettate. Quando gli allievi indossano la keikogi o dogi diventano tutti uguali; la loro condizione sociale o professionale viene lasciata negli spogliatoi, per il maestro essi sono tutti sullo stesso piano. Si apprende con le tecniche una serie di norme, che vanno dalla cura della persona e della keikogi (che mostra solo l'emblema della scuola), al fatto di non urlare, non sporcare, non fumare, non portare orecchini o altri abbellimenti (per evitare di ferirsi o di ferire), al fatto di comportarsi educatamente sino all'acquisizione dell'etica dell'arte [marziale] che discende da quella arcaico-feudale dei samurai: il bushidō (武士道lett. "la via (道 dō) del guerriero (武士 bushi)").

Il coraggio, la gentilezza, il reciproco aiuto, il rispetto di sé stessi e degli altri sono dettami che entrano a far parte del bagaglio culturale dell'allievo. Nel dojo non si usa la violenza: non per nulla le arti [marziali]enfatizzano la forza mentale e non quella fisica, condannata prima o poi ad affievolirsi.

Si entra e si esce dal dojo inchinandosi: un segno di rispetto verso l'arte del ringraziamento per tutto ciò che di valido essa ha offerto. Anticamente nel dojo veniva eseguito il rito del soji (pulizia): gli allievi, usando scope e strofinacci, pulivano l'ambiente, lasciandolo in ordine per i successivi allenamenti. Tale gesto è il simbolo della purificazione del corpo e della mente: i praticanti si preparano ad affrontare il mondo esterno con umiltà, dote necessaria per apprendere e per insegnare l'arte marziale.


Schema dell'interno di un dojo tradizionale in cui si pratica Judo.


Struttura: Il dojo ha una organizzazione spaziale definita in quattro aree principali disposte indicativamente secondo i punti cardinali:

·       Nord: Kamiza (上座posto d'onore, sede degli dei), che rappresenta la saggezza, è riservato al sensei (先生 ”insegnante”) titolare del dojo, alle spalle del quale può essere posti un simbolo significativo per il dojo (ad esempio una fotografia o uno scritto del fondatore o di un grande maestro defunto).

·       Est: Jōseki (上席posto degli alti gradi), che rappresenta la virtù, è riservato ai senpai (下席compagno maggiore), agli ospiti illustri, o in generale agli yūdansha (有段者portatori di dan).

·       Sud: Shimoza (下座posto inferiore), che rappresenta l'apprendimento, è riservato ai mudansha (無段者non portatori di dan).

·       Ovest: Shimoseki (下席posto dei bassi gradi), che rappresenta la rettitudine, è generalmente vuoto, ma all'occorrenza è occupato dai kyū (debuttanti).

In alcuni dojo, ad esempio nella gran parte di quelli di kendō, tutti i sensei si posizionano in kamiza e tutti gli allievi sono allineati in shimoza, indipendentemente dal grado o dallo stato di senpai e kōhai.

L'ordine da rispettare è sempre quello per cui, rivolgendo lo sguardo a kamiza, i praticanti si dispongono dai gradi inferiori a quelli superiori, da sinistra verso destra. Il capofila di shimoza, usualmente il più esperto tra chi i mudansha, di norma è incaricato del rispetto del reihō. In particolare è incaricato di avvisare i compagni di pratica riguardo: l'assunzione del seiza (正座 posizione formale) in ginocchio, del mokusō (黙想 silenzio contemplativo) e del suo termine yame (止め fine), del saluto al simbolo posto in kamiza (shōmen-ni-rei (正面に礼saluto al principale)), del saluto al maestro (sensei-ni-rei (先生に礼 saluto all'insegnante)), del saluto a tutti i praticanti (otagai-ni-rei (お互いに礼saluto reciproco)), e del ritorno alla posizione eretta ritsu (立in piedi).

Nei dojo tradizionali, inoltre, vi è usualmente uno spazio adiacente alla parete dove è posto il nafudakake (名札掛tabella dei nomi), dove sono affissi in ordine di grado i nomi di tutti gli appartenenti al dojo.

 

Hayabusa Reiki Dōjō, quindi, è la Scuola della Via del Reiki del Falco Pellegrino!

Dal 2015 al 2020, a Milano, in Via Francesco De Sanctis, 45... Hayabusa Reiki Dōjō è stata anche l'unica sede italiana di Tempio Scintoista

Dal 2020 al 2022, su S/Y Swan, ad oggi ormai rottame irrecuperabile a seguito dell'esser incappati nelle "tempestose" acque di Carloforte,
dove spadroneggia un coacervo mafioso / piratesco locale a tutti i livelli [incluso quelli istituzionali, statuali,...]


Dal 2023, anno nuovo, società nuova, vita nuova, Hayabusa Reiki Dōjō si trasferisce su nuova imbarcazione/sede, in giro per il mondo...

Note to self: evitare opportunamente le acque attorno all'isola di Carloforte!

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